IL DESIDERIO
Roma è sempre stata il sogno di Don Bosco. Venire a Roma, fondare un’opera salesiana sotto gli occhi del Papa, per attirare a Lui e a Gesù Cristo le novelle generazioni dei più poveri, dei più derelitti, ecco il sospiro ardente del grande Apostolo, fin dai primordi della sua missione. Ma difficoltà senza numero gli ritardarono sempre il compimento del suo desiderio.
Nel 1867, durante il suo secondo soggiorno in Roma, Pio IX gli indicò Vigna Pia, bella istituzione fondata da Lui stesso, della quale gli aveva già parlato nel 1858.
Il duca Salviati accompagnò il Santo a visitare l’istituto, ma dopo pratiche durate più mesi, il progetto non potè essere attuato.
Nel 1869 Don Bosco trattò lungamente a Firenze col Cav. Canton sul modo di riuscire ad avere una casa a Roma, presso la chiesa del Santo Sudario. Si studiò il progetto ma non ebbe esito felice.
Nel 1869 Pio IX, offrì a Don Bosco la chiesa di S. Caio e nel febbraio del 1870, fallite le trattative, lo mandò a vedere la chiesa di S. Giovanni della Pigna, ma i fatti del 20 settembre, impedirono che si effettuassero i desideri del Papa e di Don Bosco.
IL SOGNO
Dio aveva i suoi disegni. Come Torino aveva aperto dinanzi al mondo estatico le prime pagine di un’epopea grandiosa di carità, auspice Maria Ausiliatrice, così Roma era destinata ad esserne la chiusa mirabile, e Gesù Cristo stesso avrebbe apposti gli augusti sigilli col segno visibile della sua misericordia e del suo amore.
Quando in uno dei memorandi sogni fatti dall’uomo di Dio nel maggio 1879, egli ebbe la previsione della sua fine non lontana, pare che la cosa che più lo preoccupa fosse Roma, centro vitale del suo programma; e prima di chiedere al suo informatore se fosse più o meno imminente la sua fine, egli si affrettò a chiedergli se prima di morire avesse potuto avere una casa a Roma.
LA REALIZZAZIONE
E la Provvidenza proprio nel 1880 tesseva le fila degli eventi che avrebbero determinato la chiamata autorevole di Don Bosco nella capitale della Cristianità. Fu il 5 aprile di quell’anno che Leone XIII affidava al Santo la costruzione della Basilica del S. Cuore a via Marsala.
Don Bosco uscì dall’udienza del S. Padre col cuore commosso. Il suo desiderio, il suo più bel sogno stava per aver compimento, ed era il Papa che lo chiamava a Roma.
Oggi Don Bosco è presente a Roma con 14 Opere.
In queste opere i salesiani reggono anche sette parrocchie tra le più popolose della diocesi.
L’ISTITUTO E LE FONDAMENTA DELLA CHIESA
La grandiosa opera che ora si sta costruendo in via Tuscolana, sarà degna di Roma, di Don Bosco, e del pontefice felicemente regnante al quale è stata intitolata.
Nel quartiere di San Giovanni, sulla via Tuscolana, appare già, quasi ultimato nel suo aspetto esterno, quello che sarà il corpo centrale del grande “Istituto Pio XI” per l’avviamento professionale dei figli del popolo. Esso si compone di vari reparti che saranno costruiti ed attrezzati secondo le più moderne esigenze della tecnica delle varie arti, con scuole del libro, del legno e del ferro; scuole per sarti, calzolai, ecc. Grandi bracci di fabbrica, a triplice elevazione, racchiudono un vasto cortile di ricreazione che misura oltre quattromila metri; lungo il perimentro del cortile corre un ampio porticato largo sei metri e lungo novanta per settanta metri.
GRANDIOSITA’ DI LINEE
Gli edifici conterranno una cappella, vaste sale di studio e di lavoro, ampi e ben aerati dormitori, refettori, ecc con capacissime scale luminose, per l’accesso ai vari piani. Un apposito braccio di fabbrica sarà costruito per il reparto servizi. Una lunga striscia di terreno, in prosecuzione del corpo di fabbrica principale, accoglierà la successione dei padigioni in cemento armato delle varie arti intramezzate da capaci cortili di lavoro.
Attraverso un doppio ordine di portici che racchiude il quarto lato del grande cortile di ricreazione si accede al vastissimo campo sportivo annesso alla sede del futuro oratorio festivo e che misurerà oltre 6000 metri quadrati di superficie, dotato di palestra coperta, di spogliatoi e di un’ampia piscina natatoria.
Sul fronte della via Tuscolana e lateralmente al Tempio di Maria Ausiliatrice, di cui diremo più sotto, due grandi bracci di fabbrica collegheranno il Tempio all’Istituto professionale propriamente detto.
DIREZIONE E UFFICI PARROCCHIALI
In questi bracci avranno sede, da un lato, gli uffici di direzione dell’Istituto e gli uffici parrocchiali, mentre dall’altro vi saranno i locali per il dopo-scuola e per l’oratorio festivo che sarà retto sulla traccia dell’Oratorio di Torino, la Casa Madre dei Salesiani. Tra il campo sportivo ed il cortile di ricreazione sorgerà anche un teatro.
IL TEMPIO MAESTOSO
Accanto all’Istituto sorgerà il Tempio di Maria Ausiliatrice cui più sopra abbiamo accennato, e di cui si vede già il chiaro tracciato nei vasti e profondi piloni delle fondazioni, eseguite con molta cura, e gettate con calcestruzzo di selce. Il disegno della chiesa, pure essendo un pregevole saggio di personale e caratteristica individualità artistica è sullo stile delle grandi chiese romane della seconda metà del 500 e della prima del 600.
Compilato dagli architetti Prof. Giulio Vallotti dell’ufficio tecnico dei Salesiani e dal Prof. Nicola Mosso, di Torino, il progetto è svolto sulla forma di grande croce latina. Il braccio maggiore misura 72 metri di lunghezza, dalla soglia del pronao all’estremità dell’abside. Il braccio secondario misura 40 metri.
L’INTERNO
Un duplice ordine di cappelle, fra loro comunicanti, fiancheggerà la grande navata centrale.
La chiesa sarà costruita in muratura normale. La decorazione esterna sarà in parte in travertino e in parte in pietra artificiale. La decorazione interna, sobria e di sapore classico, trarrà partito, più che da ricche ornamentazioni, dall’armonia delle linee e dall’equilibri delle masse.
Adesso dovremmo anche dire più dettagliatamente chi presiede e chi lavora a tanta impresa. Ci limitiamo a ricordare per ora che chi costruisce è la nota Ditta Ing. Provera e Carassi; e chi dirige i lavori è l’Ing. Comm. Paolo Angela coadiuvato dall’Ing. Spazzacampagna.
Dal giornalino dell’Istituto
dell’8 Novembre 1929
2 MAGGIO 1928
Il 12 maggio dello scorso anno, ricorrendo l’onomastico del Santo Padre, con una funzione semplice e cara che rimarrà indimenticabile in quanti ebbero la sorte di assistervi, mentre li operai aprivano i primi solchi per preparare lo sterro, fu collocata in mezzo al vasto campo di via Tuscolana che doveva diventare il centro del cantiere, una statuetta di Maria Ausiliatrice. Sopra un’apposita colonna ivi costruita, Don Fedele Giraudi, Economo generale, fissava, e con le preghiere del Rituale benediceva quella statuetta di Maria Ausiliatrice, affinchè sotto la protezione della celeste Regina, quell’opera santa avesse a sorgere su bella, sollecita ed immune da qualunque infortunio su lavoro. Compiuto il rito religioso, il signor Don Giraudi rivolse a tutti un breve ma fervido e applauditissimo discorso, al quale seguirono i vivi ringraziamenti degli artigiani dell’Ospizio e parole di alta ammirazione e compiacimento da parte del conte Della Torre.
IL FONDATORE DELL’OPERA
Don Rotolo ebbe questo incarico dai superiori dopo aver diretto le importanti case del Sacro Cuore a Roma e la Casa Madre di Torino.
In omaggio al Papa di Don Bosco, in un quartiere che doveva diventare uno dei più popolosi dell’Urbe, si adoperò indefessamente alla non facile impresa di dare un volto cristiano a un sobborgo in formazione.
Non era uomo che sfoggiasse mania di organizzazione con molte attività esteriori; creò il bene delle anime con vivissima pietà, calore cordiale dell’animo salesiano, disinteresse e zelo.
Egli creò una tradizione cristiana nel quartiere e gli diede unità spirituale; la devozione a Maria Ausiliatrice divenne popolarissima in parrocchia e fuori, e i nomi dei grandi salesiani dati alle vie che circondano l’Opera, consacrarono a Don Bosco una popolazione a cui Pio XI aveva voluta dare una chiesa di grandi dimensioni e di nobile architettura.
In un ambiente che rispondeva con pienezza alle sue iniziative, umile e pio, dinamico per lo zelo interiore e capace di conquistare la collaborazione di tutti col fascino irresistibile dell’amabilità, visse nella maturità i valori caratteristici della sua personalità di sacerdote e di salesiano. Appariva fisicamente delicato e fragile; eppure reggeva con disinvolta tranquillità il peso dei suoi compiti; con lo spirito intimamente unito a Dio, con una pietà semplice e quasi ingenua, orientava verso il bene le anime dei giovani e dei fedeli.
Per queste sue doti venne chiamato nel 1937 a più alto ministero con la pienezza del sacerdozio. Fu vescovo ausiliare del Card. Gasparri nella diocesi di Velletri, dove affrontò problemi di natura pastorale e assistenziale particolarmente gravi, legati prima alla bonifica dell’Agro Pontino, poi gli anni terribili della guerra, che coinvolse la diocesi specialmente nel periodo dello sbarco ad Anzio. Condivise tutte le sofferenze dei suoi fedeli, vivendo con loro in grotte e capanne, cercando soccorsi e portandoli di persona ai più colpiti.
Nel 1948 fu eletto Vescovo di Altamura e Prelato di Acquaviva delle Fonti. Vi rimase per 14 anni, affezzionatissimo al suo popolo, che potè beneficiare della sua presenza animatrice, del suo ottimismo, del suo esempio elevante.
Ora riposa nella sua chiesa, nella sua casa, accanto all’altare dell’Ausilaitrice che amò tanto e fece conoscere e amare da tanti.
DON ADOLFO TORNQUIST
Il più generoso ministro della Provvidenza per il nostro Istituto
Nacque a Buenos Aires, il 4 dicembre 1887.
Decimo, di tredici figli, del noto finanziere e industriale Ernesto, di origine svedese e protestante, poi battezzato cattolico, fu educato in vari istituti in Argentina, in Inghilterra e negli Stati Uniti.
A 20 anni aveva già risolto di consacrarsi a Dio, senza sapere ancora come, né quando, né dove. Intanto conseguì la laurea in ingengneria civile. Poi si avviò al Sacerdozio, e fu ordinato nel 1920.
Viaggiò molto, avendo occasione di visitare case salesiane in America e in Europa e conoscere dei salesiani che gli fecero “ottima impressione”.
In particolare, a Roma, si incontrò con il Card. Cagliero che lo “incantò” (sono sue parole). Dopo una visita in Terra Santa, decise di farsi salesiano.
Per incarico del Rettor Maggiore visitò le missioni della Cina, del Siam, Filippine, Giappone, Indocina e India, dove rimase per alcuni anni, fino al 1936, fondando nuove sedi e potenziandone altre. Con la sua mano benefica toccò anche altre opere salesiane nascenti, tra le quali il Pio XI.
Trascorse gli ultimi anni della sua vita in Argentina, e volle dettare il suo epitaffio che sintetizza mirabilmente la sua vita umile, semplice, altruista:
Qui giacciono i resti mortali di
Don Adolfo Tornquist
Sacerdote salesiano, missionario dell’India
Preferì lasciare i beni terrreni
Per conquistare i beni celesti
20 Marzo 1971